La Stauroteca di Cosenza

La Stauroteca di Cosenza

Maria Pia di Daio Guida,  La Stauroteca di Cosenza e la cultura Artistica dell'estremo sud nell'età normanno-sveva, 1984, Di Mauro Editore, pp. 110.

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Queste note, insieme con la maggior parte della documentazione fotografica a corredo di esse, sono tratte da ricerche sulla cultura medioevale nell'estremo Sud tuttora in corso nell'ambito dell'Università degli Studi della Calabria con finanziamenti del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Ministero della Pubblica istruzione; esse sono state già inserite nel numero speciale del Bollettino d'Arte del Ministero per ì Beni Culturali (in còrso di stampa), dedicato alla stauroteca cosentina in occasione del suo restauro i cui primi ragguagli sono stati pubblicati nel catalogo della mostra fiorentina del 1982 (« Metodo e Scienza. Operatività e ricerca nel restauro » a cura di U. Baldini, Firenze 1982, pp. 149-154). Il pessimo stato di conservazione della stauroteca era stato denunciato nel 1935 da Angelo Lipinsky che ne sollecitava già allora l'urgente restauro (A. Lipinsky « La croce smaltata del Duomo di Cosenza -in « Brutium -  1935, n. 2).
Sulla traccia del Lipinsky, a distanza di circa mezzo secolo dall'inascoltato appello dello studioso, il restauro dell'opera fu riproposto da chi scrive all'arcivescovo di Cosenza mons. Enea Selis e poi al suo successore mons. Dino Trabalzini. La possibilità dell'intervento assunse dimensioni reali nel 1980, allorché il professore Umberto Baldini, allora Direttore dell'Opificio delle Pietre Dure, presente a Cosenza per la direzione del corso speciale di restauro riservalo alla Calabria, dichiarò la piena disponibilità da parte dell'Opificio. Seguirono il trasporto a Firenze a cura della Soprintendenza cosentina, il restauro e l'esposizione della stauroteca, finalmente liberata da grossolane e pericolose   aggiunte,   alla   mostra   fiorentina   del   1982.