Il tramonto della Langobardia minor

Il tramonto della Longobardia minor

Tommaso Indelli, Il tramonto della Langobardia minor, Longobardi, Saraceni e Normanni nel Mezzogiorno (X-XI sec.), Postfazione di Claudio Azzara, Editrice Gaia 2015, pp. 209.

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La monografia si propone di indagare uno dei periodi più affascinanti e controversi della storia dei Longobardi nel Mezzogiorno: l’età di Pandolfo I Capodiferro di Capua e Guaimario IV di Salerno. Cronologicamente, il periodo è compreso tra la metà del X sec. e la fine dell’XI e rappresenta la fase di transizione dalla dominazione longobarda a quella normanna. Un segmento cronologico importante non solo per la storia del Mezzogiorno d’Italia, ma anche dell’Europa mediterranea, in cui, proprio in quei secoli, cominciavano a manifestarsi i germi della “rinascita” che caratterizzò lo sviluppo del continente fino al XIV sec. Ancora oggi, nei manuali di uso scolastico e universitario, questo periodo storico figura come “età di transizione”, dai secoli dell’Alto a quelli del Basso Medioevo, secondo la bipartizione dell’Età medievale convenzionalmente adottata dalla storiografia italiana.
Il X secolo è, storiograficamente, il “secolo di ferro”. L’Europa carolingia fu devastata da nuove “invasioni barbariche”, dopo quelle che determinarono il crollo dell’impero romano, e popoli sconosciuti minacciarono i suoi confini: Normanni, Magiari, Saraceni. L’impero carolingio andò, progressivamente, disgregandosi sotto l’urto dei nuovi “barbari” e delle guerre tra i successori di Carlo Magno, mentre il potere pubblico si dissolse in una miriade di potentati autonomi - le signorie territoriali - che non riconoscevano più alcuna autorità.
I re e gli imperatori erano ridotti, ormai, a figure simboliche. Mentre gran parte del continente europeo regrediva a livelli economici e demografici antecedenti la breve stagione della “rinascita carolingia”, nel Mezzogiorno d’Italia, la Langobardìa minor, erede del regno fondato da Alboino, si frammentava nei principati di Benevento, Salerno e Capua.
Il Mezzogiorno partecipava al processo di generale dissoluzione delle eredità del passato, ma, grazie alle personalità straordinarie di Pandolfo I Capodiferro di Capua e Guaimario IV di Salerno, l’eredità politica, culturale ed “etnica” dei Longobardi riuscì a ritrovare la forza per contrastare l’espansione militare dell’Islam mediterraneo.
Si aprì con le straordinarie figure dei due principi - e prima del definitivo tramonto - l’ultima stagione di splendore del Mezzogiorno longobardo, che anticipò la “rinascita” politica, economica e culturale dell’Occidente agli albori dell’XI secolo. Una “stagione” di breve durata e densa di eventi, in cui la Langobardìa minor fu capace di ritrovare l’unità perduta e i fasti di Arechi II, prima di cadere, anch’essa, sotto l’urto dei temibili predoni normanni.
Ripercorrendo gli eventi che caratterizzarono l’ultima - ma anche la più intensa - stagione di vita della Langobardìa minor , il libro si sofferma non solo sulle personalità dei principi, legislatori e condottieri, in grado di segnare un'epoca, ma anche sugli uomini di Chiesa e di cultura, sui monaci e i medici, i poeti e gli eruditi come Desiderio di Montecassino, Alfano di Salerno, Costantino l’Africano, Trotula de Ruggiero. Accanto ad essi, le grandi personalità dei papi della “Riforma” ecclesiastica - Leone IX, Niccolò II, Gregorio VII - alle prese con la corruzione della Chiesa, la lotta contro gli imperatori germanici, lo scisma degli Ortodossi, le incursioni dei Saraceni e dei Normanni.
Tutte furono figure emblematiche - perfette interpreti dello Zeitgeist - costrette, loro malgrado, a misurarsi con un’epoca dura, ma non aliena da grandi e significativi cambiamenti culturali: un tassello importante nella costruzione della civiltà dell’Europa mediterranea e nella definizione della sua identità.