I guerriglieri di Dio

I guerriglieri di Dio

Fulvio Izzo, I guerriglieri di Dio, Controcorrente 2002, pp. 208

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Seguendo le ragioni del cuore, ma rimanendo fedele alle fonti documentarie, Fulvio Izzo riannoda con un unico filo episodi e personaggi della Controrivoluzione legittimista dalla fine del '700 a tutta la metà dell'800. Da Jacques Cathelineau alla duchessa di Berry, dalla Real Brigata Estense ai Barbacani pontifici, sino al "brigantaggio" antipiemontese guidato dal marchese De Trazegnies e dal conte De Christen, vengono narrate le vicende delle "armate straccione" che, in nome della Religione e delle Ragioni della loro Patria, andarono a "guerreggiar la guerra di Dio".
Dai documenti esaminati e dai fatti narrati affiora un dato incontestabile: la reazione popolare fu, soprattutto, un'opposizione militare e civile contro le idee e gli uomini della rivoluzione borghese che inevitabilmente tendevano alla distruzione della fede cristiana.
È necessario domandarsi perché Giuseppe Mazzini e Carlo Pisacane - che pur avevano ammirato il valore e il carattere delle masse sanfediste e sul cui esempio avevano fondato la propria logica e la propria strategia insurrezionale - non riuscirono ad attrarre, ad avere al loro fianco le popolazioni contadine del Sud, che, invece, spontaneamente insorsero, con la veemenza che conosciamo, proprio contro quella classe dirigente che diceva di combattere in suo nome e proprio quando veniva loro offerta l'opportunità di "affrancarsi dalla schiavitù".
Ma la Rivoluzione non poteva né ammettere, né accettare che il popolo, virtuoso nella sua astratta definizione, potesse esserle nemico, perché per assioma la Rivoluzione si identifica con il Popolo e il Popolo si invera nella Rivoluzione. Gli storici seguaci della Dea Ragione tentano di cancellare la verità, ridimensionando il ruolo delle forze popolari, che si sono sempre scontrate con il blocco settario giacobino-borghese e dei senzadio.
Il narrare le vicende dei Guerriglieri di Dio nasce dalla necessità di proporre testimonianze da cui trarre il coraggio del passaggio al bosco inteso come luogo di custodia e di libertà. Nasce dal bisogno di riflettere sull'esemplarità di modelli e forme, per cercare di leggere in controtendenza le derive della modernità: "Di fronte al caos della modernità, unica salvezza e la forma".