Valera, dieci anni all'estero

Valera, dieci anni all'estero

Paolo Valera, I miei dieci anni all'estero, Ecig, 1992, pp. 186.

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"I miei dieci anni all’estero" è un diario, a volte lucido, a volte visionario, degli anni che Valera ha trascorso in Inghilterra, esule volontario per sfuggire ad una condanna penale in Italia. “Mi ero battuto male,” – racconta nelle prime pagine del libro – “non ho voluto ricorrere in appello” – constata con amarezza. La consapevolezza di essere stato sconfitto e di dover sfuggire ad una condanna da lui ritenuta ingiusta, lo rendono triste e malinconico. Più di ogni altra cosa, gli brucia l’aver lasciato il campo libero ai suoi oppositori. Ma anche a Londra non tarda a farsi conoscere. Paolo Valera è un frequentatore dei bassifondi: conosce a menadito gli alberghi malfamati, le osterie più sordide, le misere stanzette delle prostitute, gli antri dove si annidano mendicanti, vedove ed orfani. Ed in questi luoghi malsani porta anche il lettore. La Londra che racconta è quella misera di Dickens, ma senza speranza di riscatto sociale. O meglio, l’unica speranza è la rivoluzione. Valera guarda con interesse al movimento operaio inglese, descrive con attenzione i tumulti scoppiati nei quartieri operai di Londra, spiega le ragioni di un tale malcontento, auspica che anche in Italia i lavoratori possano prendere coscienza dei loro diritti. Il diario non è altro che un pretesto per raccontare la sua visione del mondo, per descrivere i caratteri di una società ideale ed egualitaria.