La chiesa salernitana nel risorgimento

La chiesa salernitana nel risorgimento

Primo Carbone, La Chiesa Salernitana nel Risorgimento tra rivoluzione e controrivoluzione. Dal brigantaggio rurale all'opposizione borghese, Controcorrente 2003, pp.156

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Con il loro anticlericalismo, i piemontesi hanno voluto indebolire il senso dell'onore e l'identità di un popolo, trattandolo come massa amorfa, depredandolo non solo delle sue ricchezze, ma anche della dignità, in nome di un'integrazione nazionale che è stata, invece, una dura colonizzazione.
È questo il Risorgimento che ci viene raccontato in questo libro, che prende in esame la Storia della Chiesa di una città del Sud, Salerno, dalla Rivoluzione francese ai primi anni del Novecento, passando per l'unità d'Italia e il brigantaggio.
Un Risorgimento che prende corpo, si organizza e si sviluppa, a partire dalle controverse e discusse disposizioni di legge adottate contro la vita religiosa, in primo luogo dalla soppressione degli ordini religiosi. Sacerdoti, canonici, vescovi vengono perseguitati, dileggiati, malmenati, accusati di cospirazione contro il governo sabaudo e di istigazione di moti popolari filoborbonici, esiliati, mandati in prigione. Alcuni di loro sono incarcerati perché durante le omelie non hanno avuto paura di denunciare le atrocità dei piemontesi e di inneggiare a Francesco II di Borbone. Molti sono imputati per aver dato viveri e ricovero ai briganti.
Monsignor Antonio Salomone, vescovo di Salerno dal 1857 al 1872, è esiliato due volte e sottoposto a tre processi, accusato di essere "reazionario politico, spione vizioso, ambizioso, dispotico, falso, ladrone..." E cosi monsignor Valerio Laspro è costretto all'esilio dopo appena due mesi dal suo arrivo in diocesi.
Alle avversità, ai soprusi, agli espropri, gli uomini che ressero le sorti della Chiesa salernitana risposero con la tenacia, il coraggio, la fede. E fedele si manifestò il popolo, che nella quasi totalità continuava a rimanere vicino ai propri pastori, secondo la tradizione e i costumi del tempo.

«...Da quelle carte, forse inesplorate, prese corpo tutto un mondo salernitano che si battè "dalla parte dei briganti": un mondo dimenticato per "decreto reale" di cui non c'è traccia, neppure nella toponomastica. Eppure fu un mondo vivace e carico di dignità: anche questo dei vinti e il mondo dei nostri padri. Era tutto il popolo meridionale, in tutti i suoi strati sociali, che reagiva cercando di conservare la sua
identità; questa reazione si e manifestata sia nei grandi centri sia nelle più remote contrade del nostro Sud. Un fenomeno di ribellione, che sembrava confinato esclusivamente nel mondo rurale, lo ritroviamo anche nei grossi centri urbani, segno evidente di un coinvolgimento globale di quella società. Ha reagito la popolana e il galantuomo, l'artigiano e l'intellettuale, gli uomini di Chiesa in tutti i suoi ordini e d'ogni grado gerarchico, il "liberale" deluso e tutti hanno pagato subendo umiliazioni, carcere duro e condanne a morte».
«La storia autentica degli italiani, legata ai mille campanili, prevale sulle astratte filosofie d'importazione. Con questa prospettiva, possiamo essere tutti vincenti, in un'Italia che non teme, anzi, e gratificata dalle sue diversità interne; quelle diversità che dovevano essere annullate con la "licenza dei costumi" e i divieti di manifestare anche esteriormente la propria fede. Quelle "licenze" e quei divieti a cui il popolo salernitano seppe opporsi insieme ai suoi Vescovi che, forti della Fede in Cristo, non esitarono a subire lo sberleffo, l'esilio, la prigione fino all'estremo sacrificio».
«... Un monito va agli arrivisti di oggi: sappiano che la gente del Sud da sempre somiglia ai suoi torrenti, che per molto tempo sono a malapena visibili, ma improvvisamente si gonfiano d'orgoglio e scendono a valle con acque impetuose travolgendo ogni cosa. Ricordando questi "ribelli", dobbiamo sapere che sono i nostri padri. A loro si estende il nostro dovere di rendere onore. Noi con i nostri Santi, la nostra Anima, la nostra Terra, la nostra Patria per riprenderci il nostro futuro».